Libri, Picilli: “Arte e i musei per salvare il mondo”
Raffaele Picilli e Gabriele Granato aprono le porte di musei nazionali e internazionali per scoprire i lati vincenti e quelli ancora a valorizzare. L’intervista di Francesca Mineo.
Raffaele Picilli, partiamo dal titolo del libro: cosa intendi per salvare il mondo?
Il titolo parte da una riflessione che ho fatto con Gabriele Granato, co-autore del libro. Lui osservò che un museo, grazie ai messaggi che è in grado di dare, può contribuire a salvare il mondo. A mio avviso, è assolutamente corretto. Il museo è custode di bellezza, di pace, di riflessioni, di emozioni, di comportamenti virtuosi e di molto altro. Un museo non contiene solo opere di ingegno, ma il nostro passato, il presente ed anche il futuro.
Questo libro, quasi una guida per un lettore, anche non addetto ai lavori, già abituato a visitare musei, orienta a una maggiore consapevolezza: è così nelle vostre intenzioni?
Mi occupo di fundraising da ventidue anni con la mia realtà Raise the wind. Mi sono spesso reso conto che il fundraising, così come il marketing o la comunicazione efficace, devono diventare pane quotidiano non solo per il settore non profit, ma anche per le Pubbliche Amministrazioni. Ed è per questo che abbiamo immaginato una sorta di “guida” pensata per i non addetti ai lavori. Abbiamo deciso di raccontare i musei più importanti del mondo da tre punti di vista: accessibilità, fundraising e marketing. Tre diversi “mondi” che in Italia sono poco o per niente esplorati rispetto al numero, davvero importante, di musei, aree archeologiche e complessi culturali che abbiamo la fortuna di avere. Istituzioni, per lo più pubbliche, che scontano un notevole gap con il settore culturale privato. Per esempio, quando si parla di fundraising, si dovrebbe andare oltre l’Art Bonus e le sponsorizzazioni ma pensare alle membership, ai circoli, alle partnership, agli accordi triennali con i donatori, alla fidelizzazione del sostenitore privato. Così come quando si parla di accessibilità, si dovrebbe andare oltre le pedane (che spesso mancano) o i percorsi per non vedenti. Ci sono tantissime fragilità che andrebbero prese in considerazione per consentire, a tutti, di vivere un museo. Il libro, offre una completa analisi comparativa di aspetti innovativi nella gestione museale. Un lavoro articolato, reso possibile grazie al prezioso aiuto di Veronica De Angelis.
Cosa c’è e cosa manca, nei principali musei italiani? Cosa c’è e cosa manca in quelli all’estero?
Molti grandi musei all’estero hanno, nella gestione, una visione differente. Spesso, non hanno da offrire quello che abbiamo noi in termini di patrimonio culturale, ma riescono ad interessare il pubblico, utilizzando strade complementari. Per esempio, non dovrebbe esserci un museo senza la caffetteria. Non dovrebbe esserci un grande museo, senza un ristorante interno. Tutti i musei dovrebbero avere personale dedicato al fundraising, alle sponsorizzazioni e al marketing.
L’Italia è ricca di piccoli e bellissimi musei, anche case museo: cosa dovrebbero prendere a modello e cosa possono insegnare ai grandi musei?
L’Italia è piena di piccoli e dimenticati musei. Succede nelle grandi città così come nei piccoli centri. Capita che il “gioiello” non sia conosciuto nemmeno da chi vive o lavora a cento metri di distanza. Chi gestisce questi forzieri di storia, dovrebbe farsi qualche domanda e trovare, investendo, la strada giusta per valorizzare tesori che il mondo ci invidia. Possono partire da piccole azioni legate al fundraising per poi testare l’uso di alcuni prodotti di merchandising. Per fare questo, serve una programmazione seria, serve formazione, serve anche coraggio e non l’improvvisazione o pensare che alcune tecniche, tipo il crowdfunding, possano fare miracoli senza professionalità e metodo.
I programmi di membership di molti musei spingono verso una relazione con donatori e visitatori ma alcuni di questi musei in realtà sono molto esclusivi (penso ad esempio ai musei di New York): come conciliare le esigenze per ampliare la fruibilità e la relazione con in sostenitori?
I programmi di membership dovrebbero seguire le regole del fundraising: non esiste un solo tipo di donatore e per questo motivo, le membership dovrebbero essere diversificate. Un fenomeno che noto spesso è quello dell’emulazione o del copia e incolla. In Italia, ci sono alcuni musei che hanno programmi di fundraising di pregio, altri che semplicemente si limitano a copiare alcune tecniche senza avere alle spalle gli strumenti corretti. Ecco che una membership diventa la brutta copia di un abbonamento che nessuno chiederà mai di acquistare.
Musei , cultura e mecenati: è di pochi giorni fa la notizia di una donazione, da parte di una filantropa americana, di quasi 5 milioni di dollari x il restauro di parte dei Boboli a Firenze . Il futuro, la sostenibilità dei musei si giocherà anche (o soprattutto) su questi tavoli?
Il futuro dei musei è nel passato. Nel passato eravamo bravi a raccogliere ed accogliere i nostri mecenati. Poi abbiamo dimenticato o ci siamo distratti. Chi gestisce un museo deve avere una visione completa che va dalla conservazione dei beni alla gestione del personale, dal fundraising al marketing, dall’accessibilità alle partnership e a molto altro. Se la visione del “gestore” è parziale o eccessivamente politica, allora il museo non avrà futuro e ci dimenticheremo, ancora una volta, della nostra tradizione di mecenati.
Francesca Mineo
Il libro:
Gabriele Granato – Raffaele Picilli, I musei salveranno il mondo (Rubbettino, 2023)