Leadership, inclusione e consulenza: Paola Cutaia all’Autumn Congress di EUConsult
Venerdì 24 settembre Paola Cutaia parteciperà al panel di apertura della seconda giornata dell’Autumn Congress di EUConsult, dal titolo Leadership, inclusion and consultancy. Un tema che affronterà con Martin Georgi, presidente della German Fundraising Association, e Sue Adkins, fondatrice e CEO di The Collaborative Action Network (UK).
Paola Cutaia è Professional Certified Coach accreditata dalla International Coach Federation. Ha lavorato per oltre vent’anni come dirigente e CEO di organizzazioni non profit, profit e governative, si è occupata di consulenza industriale, è stata National Director di Amnesty International Italia e capo della segreteria del Ministro per la cooperazione internazionale. Da diversi anni, accompagna imprenditori e manager a essere leader di successo migliorando se stessi, i team e le organizzazioni che dirigono.
Uno sguardo, il suo, che non poteva mancare all’’Autumn Congress di EUConsult: l’associazione celebra quest’anno il suo 30° anniversario e porta il suo appuntamento autunnale a Milano affrontando il tema del cambiamento – auspicato, necessario, qualche volta temuto – della consulenza.
“The changing face of consultancy” è il titolo dell’appuntamento di EU Consult: che ne pensi, Paola, della capacità delle organizzazioni non profit di cogliere questa occasione di mutamento e apertura verso il futuro? Siamo pronti?
Alcuni trend sono ormai ben definiti ed emergono chiaramente dalle più recenti ricerche a livello europeo: queste ci dicono che le persone non intendono tornare alla vecchia modalità di lavoro “pre-pandemia”. Non si tratta solo di una richiesta di smart working (o presunto tale), ma di un’esigenza di maggior fiducia, flessibilità, qualità relazionale. In questo i dati che riguardano mondo profit e non profit non sono troppo diversi tra loro.
A fronte di questa domanda, però, gli ambienti di lavoro si trovano ancora in parte impreparati a mutare la propria organizzazione nel senso di relazioni improntate alla fiducia e alla ricerca di un benessere condiviso. Qualcuno ci sta provando, altri non abbandonano un’organizzazione del lavoro tradizionale e verticistica.
Un atteggiamento che potrebbe avere conseguenze negative?
Il non profit in particolare rischia di restare indietro, perché quelli di cui parliamo non sono trend episodici. Parliamo di un cambiamento che ormai è in atto da tempo e a cui la pandemia ha dato una spinta decisiva: non è possibile pensare di tornare alla situazione precedente. Di fatto, le organizzazioni che incorporano nella relazione con il personale una logica di investimento sulla crescita umana e professionale, quelle che riconoscono il valore della fiducia, performano di più. E con “performare” non mi riferisco a una questione di entrate economiche. Intendo la capacità di produrre risultati di qualità, di raggiungere gli obiettivi che ci si è dati, di avere volontari, dipendenti, utenti e beneficiari felici e soddisfatti.
La stabilità e il nutrimento delle relazioni faranno la differenza. E’ anche e soprattutto una questione di governance e a non volerlo accettare si farà un danno alle proprie organizzazioni.
Come consulenti sembra che abbiamo un ruolo da giocare…
Certo. Siamo spesso chiamati dalle organizzazioni per risolvere più che altro questioni tecniche o gestire processi specifici, ma è facile che ci troviamo ad osservare frustrazioni, malesseri, capacità inespresse, soluzioni lasciate dentro ai cassetti. Senza arroganza, con la consapevolezza che è l’organizzazione a conoscere più di noi se stessa e il suo settore d’intervento, possiamo comunque accompagnare una realtà a scoprire le leve di crescita che non sta utilizzando: magari c’è una scarsa equità tra i generi nel board, una sua rappresentanza sociale poco equa, oppure mancano occasioni e strumenti di dialogo tra il board e i dipendenti, o ancora non c’è quella fiducia di base tra i vari stakeholder interni ed esterni che potrebbe invece fare la differenza e portare a maggior flessibilità e inclusione.
In generale, consulenti e coach possono offrire nuovi punti di vista sui problemi e soluzioni innovative, uno sguardo sul mondo capace di fare – ad esempio – anche delle novità digitali non semplici strumenti di connessione ma opportunità di semplificazione e benessere: se sapremo interpretare il nostro ruolo fino in fondo, potremo contribuire a liberare le tante energie inespresse delle organizzazioni facendo sì che prosperino e diventino migliori.